No time no die

Daniel Craig interpreta per l'ultima volta James Bond.

di EMILIANO BAGLIO 13/10/2021 ARTE E SPETTACOLO
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Lo sapevamo tutti, No time no die, diretto da Cary Fukunaga, sarebbe stato l’ultimo film nel quale Daniel Craig avrebbe vestito i panni di James Bond.

In qualche modo questo film avrebbe dovuto porre la parola fine ad un’avventura cominciata nel 2006 con Casinò Royale che ha visto una rilettura radicale del personaggio di James Bond anche perché le cinque pellicole interpretate da Daniel Craig sono tutte collegate l’una con l’altra.

L’uscita di No time no die, quindi, inevitabilmente ha comportato la domanda delle domande, su quale sarà a questo punto il futuro della spia più famosa e longeva della storia del cinema.

Il punto non è dunque chiedersi come sarebbe andata a finire la storia di questo James Bond, visto che la risposta è abbastanza scontata; quanto piuttosto come continuare.
Perché è ovvio che nessuno ha intenzione di rinunciare ad una saga così remunerativa.

In teoria si potrebbe pure far finta di nulla, azzerare tutto e ricominciare da capo, un po’ come è stato fatto quando Daniel Craig è stato chiamato ad interpretare il personaggio.

Tuttavia pare una strada poco percorribile.
In realtà a ben vedere gran parte delle risposte sono all’interno stesso di questo film che aveva un compito assai difficile.

No time no die, innanzitutto, si pone quasi come una sorta di Bignami dell’intera saga, prosegue il nuovo discorso sul nuovo Bond ed al tempo stesso pare quasi un implicito azzeramento/ritorno alle origini.

Così i fan della saga potranno sbizzarrirsi nel cogliere le varie citazioni presenti nel film, a cominciare da quelle con Agente 007 – Al servizio segreto di sua Maestà.

Anche la trama, in un certo senso, sembra quasi un ritorno al passato con al centro uno spietato complotto, un supercattivo (Rami Malek) ed un’isola segreta che sembrerebbe uscita fuori da una delle avventure con Sean Connery.
Insomma No time no die ha il profumo di uno 007 che più classico non si può, eppure, al tempo stesso, prosegue nell’opera di riscrittura del mito.

No time no die, ad esempio, inizia senza che vi sia 007.

Tutta la prima sequenza, da sempre l’ouverture nei film di James Bond, non vede il nostro eroe protagonista e quando finalmente Bond arriva, non è quello che ci aspetteremmo.

Lo ritroviamo in una romantica vacanza con Léa Seydoux (che da vita a Madeleine Swann, un nome sul quale si potrebbero riempire pagine visto l’ovvio riferimento a Proust), in quel di Matera.

Più tardi, quando il nostro avrà a che fare con la splendida Paloma (Ana de Armas) non ci finisce a letto, come sarebbe stato naturale aspettarsi.

Insomma abbiamo a che fare, nuovamente, con un James Bond che non fa altro che disattendere le aspettative del pubblico, un eroe oramai in pensione, acciaccato, con un fascino che non è più quello di una volta, stanco e ferito, tanto nel corpo quanto nell’anima.

Soprattutto, ed è questa l’idea geniale del film, viene meno l’identificazione tra 007 e James Bond.

Tutto il film gioca su questo che, in fondo, è il vero tema della pellicola al punto tale che il vero 007 di questo film è Lashana Lynch, il che è anche una risposta implicita a chi immagina in futuro uno 007 donna; senza contare che eccolo qui, già lo abbiamo avuto.

Cary Fukunaga lo fa ripetere più volte ai vari attori, 007 è solo una sigla; James Bond una persona in carne ed ossa.

Probabilmente il futuro sarà costruito proprio su questa sottile differenza, che in realtà smonta un intero mito ed un’intera saga.

EMILIANO BAGLIO


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